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La storia del Santuario di San Costantino

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La storia del Santuario

Immagine rappresentativa per: La storia del SantuarioL’origine del Santuario di Sedilo viene attribuito dalla leggenda popolare ad un intervento prodigioso dell’imperatore. Nel medioevo quando le coste della Sardegna erano continuamente esposte alle incursioni dei pirati saraceni che provenivano dall’Africa e dalla Spagna, le popolazioni dell’isola vissero momenti terribili.

Sulle spiagge della Sardegna avvenivano frequentemente piccole ma cruente battaglie con gli stessi invasori. Tal volta la vittoria arrideva ai sardi che respingevano i mori, riuscendo a strappare loro anche gli stendardi come quello che si conserva ancora nella parrocchia di Magomadas. Più spesso però il vantaggio era dei saraceni che giungevano all’improvviso decisi a tutto: il terrore di quei tempi è rimasto nei detti e nelle nenie del nostro popolo. Nel corso di tali scorrerie i mori avrebbero fatto prigioniero un possidente di Scano Montiferro, il quale, portato in Africa in catene venne venduto nel mercato pubblico degli schiavi ad un ricco signore del luogo. Nella sua triste prigionia, lo scanese avrebbe avuto un giorno la visione di un nobile personaggio aureolato che, affermando di essere Costantino Magno, gli avrebbe promesso la liberazione e chiesto di costruirgli una chiesetta nel centro dell’isola, vicino al paese di Sedilo in regione Nordai.

Poco tempo dopo l’uomo avrebbe ottenuto la libertà dal suo padrone e, rientrato in Sardegna, si sarebbe dato da fare per innalzare la chiesa a San Costantino nel luogo indicato. Ogni tradizione nasconde un nucleo di verità ed è perciò probabile che qualche ricco scanese abbia contribuito alla erezione del tempio o del suo ingrandimento. E’ anche probabile che nella zona i bizantini avessero posto una loro guarnigione militare a guardia dei guadi del fiume Tirso di fronte alla Barbagia. La stessa cosa avevano fatto secoli prima i Romani, come risulta da numerosi reperti ed incisioni, specialmente tombali. La presenza dei bizantini potrebbe essere comprovata anche dalla venerazione molto sentita che i sedilesi nutrono per altri santi orientali come San Basilio Magno e Sant’Antonio Abate. Il documento più antico del culto per Costantino nel centro dell’isola è data da una pergamena del 1265 d.C. ritrovata a Norbello mentre si demoliva un antico altare.

Nei secoli seguenti i documenti, benché non numerosi, diventano più frequenti ed hanno un riferimento preciso al Santuario di Sedilo. Nel 1584 il Canonico Battista Puzzone venne nominato parroco di Sedilo con la prebenda del Santuario di San Costantino. Dal decreto firmato dal Vescovo di Santa Giusta sotto la cui giurisdizione si trovava allora la parrocchia, risulta che il Santuario era prebenda canonica. Nel 1613 venne donato al Santo un prezioso calice che ancora oggi si conserva e porta la scritta: ” Calix Sancti Costantini. Beneficiarus Con. Sisinias Loi. 1613″. L’attuale chiesa dedicata a San Costantino, in stile romanico pisano, sorge ad un chilometro dall?abitato di Sedilo, in prossimità del lago Omodeo lungo la strada statale Abbasanta-Nuoro. L’opera fu compiuta come attestano due lapidi murate, una all’interno del tempio e l’altra nella facciata, nel 1789 essendo parroco il Dott. Domenico Porqueddu e priore il Sig. Pietro Niola Guiso.

Di recente è stata ritrovata a circa cinquanta metri a nord-ovest dell’attuale chiesa un resto di pavimentazione in mattoni cotti di datazione incerta. Si può ritenere che in quel luogo sorgesse l’antica chiesa della “Madonna di Nordai” o la precedente in onore di San Costantino e che nel ricostruirla si sia voluto evitare un terreno soggetto a frane. Nel 1700 l’amministrazione della chiesa doveva essere curata da una confraternita con a capo un priore. Una lapide murata nell’interno infatti dice che Pietro Niola Guiso si prese cura di ricostruire il tempio mentre era parroco Dott. Domenico Porqueddu; quella esterna afferma che fu ricostruita essendo “obero Pedro Niola Guiso”, ancora oggi a Sedilo il priore delle confraternite viene chiamato “oberaju”, non esistono però altri documenti al riguardo.

Nel 1806 il parroco Pietro Niola Massidda proibì gli abitanti di Scano Montiferro di inserirsi nell’organizzazione della festa. Per un certo periodo infatti agli scanesi era riconosciuto il patronato circa la nomina dei priori e degli alfieri dell’Ardia. Le cause che portarono al riconoscimento di tale diritto sono sconosciute. C’è chi asserisce che l’origine di tutto è da porre l’episodio leggendario dell’uomo di Scano Montiferro prigioniero dei barbareschi e liberato dopo l’apparizione di San Costantino. Gli Scanesi non accettarono le disposizioni dell’energico parroco Massidda. Si verificò quindi una furibonda zuffa, proprio durante la festa, tra i cavalieri del Monte Ferru e quelli del luogo che ben spalleggiavano il proprio parroco. Ebbe la meglio quest’ultimo e fu posto termine al diritto di patronato degli scanesi. Il fatto viene ricordato dalla tradizione popolare come un avvenimento importante. Nel 1912 l’intero aspetto della chiesa venne modificato per iniziativa del parroco Giovanni Battista Niola che ne fece intonacare le pareti.

Nel Santuario rinnovato si celebrarono nel 1913, feste particolarmente solenni con eccezionale concorso di folla e di autorità. Dopo la seconda guerra mondiale il parroco Don Vittorio Pinna restaurò i locali annessi al tempio e ricostruì, modificandolo, l’arco d’ingresso dell’Ardia.

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