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La leggenda di Lollove

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C’era una volta uno dei paesi più piccoli al mondo. Un villaggio di una manciata di case basse di pietra, incastonato fra le montagne e protetto da un bosco fitto, distante da ogni parvenza e soffio di contemporaneità. Un posto in cui il passato sembra essersi dissolto in vapore invisibile che ne permea l’aria ancora oggi, come in una triste e bellissima maledizione. Così vuole la leggenda, che a proposito di Lollove si perde fra dicerie popolari, antichi presagi, e un passato violento e cupo legato al banditismo, ricoperto ancora adesso da un velo grigio e sottile di omertà.
Il nome, però, è uno tra i più allegri, sonori ed “esotici” della Sardegna. Lollove, frazione del comune di Nuoro da cui dista circa 15 chilometri di tornanti sul fianco del Monte Ortobene, oggi conta poco più di dieci anime, la metà rispetto a quattrocento anni fa, con un interregno in cui a Lollove vivevano in 400. Dilatare e contrarsi come un polmone stanco è la sciagura di Lollove. E la profezia invocata dalle suore della chiesetta di Santa Maddalena dopo esser state allontanate quando vennero allo scoperto i loro segreti carnali coi pastori della zona. “Lollove as a esser chei s’abba è su mare: no as a crescher nen parescher mai!” – Lollove Sarai come acqua del mare, non crescerai e non morirai mai” -.

Eppure “A Lollove si sente il respiro di Dio”, dice Zia Gavinedda ai forestieri che si inoltrano sporadici fra i sentieri del piccolo borgo. Lei ha più di novant’anni, la pelle raggrinzita e occhi grandi, e a Lollove ci è nata, cresciuta, è lì da sempre. Fra ruderi, santi miracolosi e banditi che a Lollove non se ne sono visti mai. E se è pomeriggio e sei fortunato, dopo aver finito di leggere il salmo del giorno, ti farà assaggiare il suo caffè.

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