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Rebeccu: borgo abbandonato crocevia di misteri e leggende

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Rebeccu sorge a pochi chilometri da Bonorva, in provincia di Sassari, posizionato sopra un imponente costone che sovrasta la piana di Santa Lucia.

Le sue origini risalgono al Medioevo, il nome del borgo compare infatti per la prima volta nel 1300. Rebeccu, contava circa quattrocento abitanti, era capoluogo della curatoria di Costa Valle e sede residenziale del curatore. Era dunque un centro popolato e degno d’importanza a cui erano sottomesse le ville di Bonorva e Semestene, insieme al villaggio di Trequiddo nel tempo anch’esso abbandonato.

A quell”epoca la Sardegna era divisa in quattro giudicati, veri e propri regni autonomi spesso in guerra tra loro.

Il borgo di Rebeccu era un punto strategico al confine tra il giudicato di Arborea e il giudicato di Torres e, nella seconda metà del trecento, il borgo fu vittima di un incendio per via delle liti tra i giudicati *(vedi integrazione sotto).

Successivamente si narra che Eleonora d’Arborea, figlia del sovrano d’Arborea Mariano IV, radunò davanti alla chiesa di Santa Maria in Rebeccu (oggi chiesa di Santa Giulia), i rappresentanti della curatoria per approvare un trattato di pace.

Eleonora d’Arborea d’Arborea. Dipinto di fantasia di Antonio Caboni 1881:

Una leggenda vuole che fu proprio in questo territorio, in un castello di cui oggi non rimane traccia, che avvennero le nozze tra Eleonora e Brancaleone Doria.

Ipotesi ovviamente non confermata, in quanto ad oggi ancora non si conosce l’esatta collocazione in cui avvennero le nozze in questiome. A partire dal 1400 iniziò la decadenza di Rebeccu, a causa di pestilenze e carestie e di eventi bellici descritti sotto.

Si narra che una principessa di nome Donoria, figlia di Re Beccu, feudatario del paese, lanciò una terribile maledizione per vendicarsi di un grave torto subito:

Condannò il paese a non superare mai le trenta case

Donoria venne condannata all’esilio in quanto accusata di stregoneria, di lei si persero le tracce, ma per il borgo e i suoi abitanti cominciarono le disavventure.

Gli uomini si ammalavano per le continue epidemie, le donne non potevano più avere figli, le case crollavano e il borgo pian piano si spopolò, lasciando del suo passato glorioso un ricordo lontano.

Così riecheggia il terribile sortilegio:

Rebeccu, Rebecchei da ‘e trinta domos non movei

Il piccolo borgo fu dunque condannato a non superare le trenta case.

 

Negli anni cinquanta furono censiti solo sei abitanti, nel 2011 vi era un unico residente nel paese, poi nessuno dimorò stabilmente nel borgo. Negli ultimi anni, dopo la ristrutturazione di alcuni edifici, il paese ospitò un importante rassegna cinematografica, il Rebeccu Film Festival, che regalava al borgo una settimana di vita grazie alle proiezioni e ad incontri culturali.

Fotografia di Federica Marras:

Poi la proposta di rinascita come albergo diffuso e il via ai lavori di riqualificazione per restituire al paese la sua antica visibilità e bellezza. Tante le storie che si intrecciano tra le sue vie, strade in cui si respira un’aria di assoluta quiete, fascino e antiche leggende.

Integrazione all’articolo a cura di Mauro Urpis:

Il giudicato di Arborea stava iniziando ad assumere una importanza e una posizione egemonica rispetto agli altri 3 e il sovrano di questo giudicato “nazionale” emergente aveva appena compiuto alcuni passi per riunire tutto il territorio sardo sotto la propria giurisdizione, in aperto contrasto con la corona di Aragona di cui era formalmente suddito (ed anche imparentato). Il regno Aragonese aveva invece il controllo nominale di tutta l’isola..e anche la licenza invadendi da parte del Papa: una sorta di benestare da parte del tanto famigerato Bonifacio VIII.

Tornando a Rebeccu quello che successe è poco noto ai più, ma ben documentato dalle scarne cronache del tempo: Nel 1353 dal presidio aragonese di Alghero un distaccamento di soldati senza scrupoli si diresse verso il capoluogo della curatoria al confine con il giudicato di Arborea e di Torres; senza nessun preavviso o motivazione bellica (seppure alla frontiera in borgo non ospitava truppe arborensi né era dotato di importanti fortificazioni), i soldati circondarono il paese e passarono a fil di spada tutti gli uomini adulti, le donne e i bambini.

I pochissimi che si misero in salvo tornando furono testimoni di quella agghiacciante ed insensata crudeltà. Un abominevole massacro, un crimine di guerra diremmo ai nostri giorni ( Per certi versi può ricordare ciò che fecero nazisti e repubblichini a Marzabotto e Sant’Anna di Stazzema nel ’43). Abominio Con il solo mero intento di provocare gli arborensi e costringerli in campo aperto..

Il giudice arborense Mariano IV si lamentò apertamente con il re di Aragona circa il vile operato del suo governante in Sardegna..

I partigiani di Mariano ebbero in seguito modo di vendicarsi circa quell’orribile violenza:
Un gruppo di soldati – si crede o farebbe piacere crederlo – proprio quelli responsabili dell’eccidio, cadde in una imboscata arborense; nessun aragonese sopravvisse e tutti i corpi vennero trovati smembrati e mutilati.

La guerra tra l’arborea e l’aragona oramai incombeva..

Ed in seguito ebbe risultati alterni ed incerti; solamente lo scoppio dell’epidemia di peste con varie ondate tra metà-fine ‘300 e inizio del ‘400 infierì decisivamente: condizionando l’esito finale, unitamente ad una crisi dinastica degli oristanesi. I sardi storicamente cocciuti furono piegati definitivamente.

fonte: https://www.vanillamagazine.it/

Fotografia di Federica Marras

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