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Banditismo : la storia di Giuseppe Noli Coi.

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Giuseppe Noli Coi nasce ad Orani nel 1879.
Orani, come tanti altri paesi della Sardegna di allora, aveva le sue grane: bande di latitanti agivano indisturbate commettendo intimidazioni, grassazioni e tentati omicidi.
Fu proprio un oranese, Pietro Paolo Siotto, a convincere l’allora Presidente del Consiglio, il Generale Luigi Pelloux, a ricorrere ad arresti di massa ed incarcerazioni, giuste o arbitrarie.
La storia di Noli Coi si intreccia con quella della famiglia Siotto fin dal principio: nel 1898, all’età di 19 anni, Noli Coi si da alla macchia dopo avere tentato, con due fucilate, di uccidere il compaesano Daniele Siotto.

È però necessario parlare dei fatti che portarono a questa vicenda: prima del tentato omicidio, Noli Coi lavorava per l’azienda della famiglia Siotto e frequentava la loro casa. Giovanna Piredda (torneremo dopo su questo nome) era la vedova di Luigi Siotto Cuccu e madre di Daniele Siotto Piredda. La signora Piredda rimase vedova giovanissima (poco più che trentenne) e si risposò. Daniele ed un fratello andarono a vivere da uno zio paterno celibe, Antonio Siotto Cuccu, che si prese cura anche del patrimonio dei due bambini.
Nella casa dei Siotto entrò a fare la domestica una certa “Tomasina”, sul cui nome non ci sono certezze in realtà. Era una nipote di Antonio Siotto Cuccu, essendo figlia di un figlio di una sua sorella e di Maria Potedda (che, in verità, si chiamava Forma). Daniele Siotto Piredda era, dunque, zio di Tomasina, anche se i due avevano circa la medesima età.
Sembra che tra il Noli-Coi e Tomasina fosse nata una certa simpatia. C’è chi dice che anche Daniele Siotto Piredda nutrisse una certa “simpatia” per la ragazza. C’è anche chi, invece, sostiene che Daniele avesse una certa “simpatia” per Tomasina e che volesse farlo credere a Noli Coi e, soprattutto, voleva che questi credesse che tale “simpatia” era ricambiata dalla ragazza. Quello che sappiamo è che Daniele, per raggiungere il proprio scopo, per far ingelosire il compagno, sottrasse a Tomasina un coltellino regalatole da Giuseppe. Il 10 luglio 1898 (s’annu ‘e sos bandidos, secondo le memorie degli anziani oranesi), Daniele, il fratello e Giuseppe erano a “su Carta”, una tanca in territorio di Orani, e si preparavano a mangiare sotto una grande quercia posta davanti a “su pinnettu”.
Per tagliare il formaggio Daniele estrasse dalla tasca il coltellino sottratto a Tomasina: lo aprì, mettendolo ostentatamente davanti agli occhi di Noli Coi. La vista del coltellino rappresentò per Giuseppe una chiara provocazione (come riconobbero anche i giurati nel processo che seguì a questi fatti). Come mai il coltellino, che lui aveva regalato a Tomasina, era ora in mano a Siotto? Le fonti orali del fatto tacciono su ciò che i due si sono detti nel momento.
Non si sa se Giuseppe fece domande. Le medesime fonti sono, però, precise nel dire che Giuseppe corse dentro su pinnettu, afferrò il fucile e si lanciò all’inseguimento di Daniele Siotto che, intuendo il pericolo, pensò bene di darsela a gambe. Ciò nonostante non riuscì ad evitare di esser raggiunto da una scarica di pallettoni. Da qui l’accusa a Giuseppe Noli-Coi di “mancato omicidio premeditato” – come recitano gli atti del processo celebratosi davanti alla Corte d’assise e apertosi a Nuoro il 16 novembre del 1900 – e la sua latitanza durata dieci mesi e tre giorni, essendo finita il 13 maggio 1899.
Durante la sua latitanza, Noli Coi si unì (secondo alcuni testimoni in un altro processo) ad altri due banditi: Antonio Manconi di Orani e Paolo Solinas di Sarule. Nel biennio 1898/99 ci furono nella sola Orani 5 omicidi e ben tre oranesi morirono in carcere.
Noli Coi, da ricercato, si rese famoso per i suoi proclami. Il suo primo “bando” recitava testualmente:
«Vieto nel modo più asoluto di prendere in afito i terreni di Giovanna Piredda sotto pena di persecuzione». Si, proprio quella Giovanna Piredda, madre di Daniele Siotto.
In un altro si parlava invece di Maria Potedda, la madre di Tomasina: Noli Coi intimava all’Autorità di mettere in libertà la donna accusata del tentato omicidio di un non meglio precisato Siotto Cuccu.
Nel 1899, anno divenuto famoso per gli arresti di massa, finì la latitanza di Noli Coi, che venne arrestato il 13 maggio.
Un anno dopo, Noli Coi venne processato per il tentato omicidio di Daniele Siotto Piredda. Nello stesso dibattimento il Noli Coi era accusato anche di un secondo tentato omicidio nei confronti di tale Antonio Mereu Sini. Il movente, sostenuto dall’accusa, sarebbe stato il fatto che il Mereu si sarebbe rifiutato di pagare ai banditi quello che oggi si chiamerebbe “il pizzo”. La Corte, nel comminare la pena al Noli Coi, tenne conto del fatto che fu riconosciuto colpevole anche di questo secondo reato. Ecco la parte finale della sentenza:
«La Corte
Visti, oltre i sucitati, gli art: 568 e 569 Proc. Penale e 6 della Legge 10 aprile 1892
Condanna Noli Coi Giuseppe alla pena della reclusione per la durata di anni ventuno e mesi sette, dichiarando che di questa pena sei mesi restano condizionatamente condonati a norma dell’art. 7 del R. Decreto d’Amnistia e d’indulto sopramentovato. Condanna lo stesso Noli-Coi Giuseppe alla interdizione perpetua dai pubblici uffici e all’interdizione legale durante la pena…Lo condanna infine al risarcimento dei danni verso le parti lese ed alle spese del procedimento in pro dell’erario dello Stato oltre alla tassa della presente in lire cento.
Nuoro il diciannove novembre 1900.»
Giuseppe Noli Coi ricorse in Cassazione, ma il ricorso fu respinto il 7 marzo 1901. Questi, scontata la pena, rientrò ad Orani dove morì in tarda età.

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