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I misteri dei nuraghi svelati a Pavia da un architetto

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Nel pomeriggio di sabato 26 ottobre, a Pavia, presso la sede del Circolo culturale sardo “Logudoro”, presieduto da Gesuino Piga, si è tenuto un incontro di studio sui misteri costruttivi dei nuraghi.
Relatori sono stati l’ingegnere cagliaritano Gaetano Ranieri e l’architetto pavese Alberto Arecchi.
L’ing. Ranieri, professore ordinario di Geofisica Applicata presso la Facoltà di Ingegneria
dell’Università di Cagliari, ha recentemente studiato in Sardegna i seguenti siti monumentali:
Ipogeo di San Salvatore di Sinis, Complesso nuragico di Barumini, Necropoli di Capo San Marco, Pozzo nuragico di Settimo San Pietro, Acquedotto romano di Cagliari. A Pavia ha parlato delle “testimonianze delle conoscenze idrogeologiche e delle capacità costruttive in epoca nuragica”.

L’arch. Arecchi, docente di disegno e storia dell’arte, autore di diverse pubblicazioni di storia
dell’architettura, e di una recente opera dal titolo Atlantide, un mondo scomparso, un’ipotesi
per ritrovarlo (Pavia, Liutprand, 2001), in cui tratta anche del villaggio nuragico di Barumini e
dell’altare preistorico di Monte d’Accoddi, si è soffermato sul “mistero delle civiltà megalitiche mediterranee e la loro scomparsa”.
La relazione dell’ing. Ranieri L’ingegnere minerario Ranieri
intende esprimere sui nuraghi (di cui si occupa da 25 anni) un punto diverso rispetto a quello
degli archeologi. È interessato all’individuazione del canone costruttivo dei nuraghi (visti
quindi non come opere d’arte, ma come fatti costruttivi) a partire dai problemi posti dall’inesistenza di fondazioni e dalle difficoltà di approvvigionamento della materia prima (i massi enormi di pietra, lavorati, secondo Ranieri, in cave lontane alcuni chilometri e poi trasportati sul luogo della costruzione). Il suo
Istituto universitario ha provveduto recentemente a un censimento aggiornato dei nuraghi (risultano oggi circa 7.000) e addirittura a un conteggio delle pietre con cui sono stati costruiti (risultano circa 120.000 pietre di un peso che si aggira sulla mezza tonnellata). Per comprendere le capacità costruttive dei Nuragici, di cui essi ci hanno lasciato dimostrazioni eccelse, lo stesso Istituto universitario ha concentrato le sue indagini in una zona della Sardegna (Barumini –Laconi) in cui sono presenti tutte le formazioni geologiche che hanno prodotto i diversi materiali che sono stati adoperati per innalzare i nuraghi. Il primo mistero sardo è l’esistenza di tanti nuraghi distribuiti in tutta l’isola, “edificati” – si ipotizza – a partire dal 1700-1500 avanti Cristo.

Un altro mistero è che non si trova alcun nuraghe integro: sono tutti scapitozzati ( a causa del
vento, spesso fortissimo?).

L’ing. Ranieri ha utilizzato nello studio dei nuraghi la strumentazione più moderna: ha approfondito la conoscenza delle diverse sezioni di un nuraghe applicando ad esso la tomografia assiale computerizzata (la TAC, di cui tutti abbiamo sentito parlare in relazione al corpo umano) e quindi ne ha ricostruito l’immagine attraverso l’elaborazione elettronica. In questo modo, per esempio, la torre nuragica di Barumini può essere vista da tutte le angolazioni, può essere ribaltata e visionata come alla “moviola” televisiva.
La tesi fondamentale dell’ing. Ranieri è che i nuraghi sono stati collocati generalmente in posizione centrale rispetto alle risorse idriche (i Nuragici erano quindi provvisti di conoscenze idrogeologiche). Proprio studiando la torre nuragica di Barumini con gli strumenti messi a disposizione dalla geofisica applicata, i
quali riescono a penetrare le cose nascoste, risulta la presenza di un pozzo, profondo esattamente 10 metri, con una chiusura esattamente di un metro di diametro.

Come hanno fatto i Nuragici a costruire questo pozzo?

Non si può immaginare che -date le loro conoscenze idrogeologiche – i Nuragici l’abbiano
trovato al primo colpo? Essendo poi questo pozzo pieno di acqua potabile, non si può ipotizzare
che la torre-fortezza servisse a proteggere la preziosissima risorsa costituita dall’acqua contenuta nel grande serbatoio?

Secondo l’ing. Ranieri, le aperture dei nuraghi non sono mai orientate verso il sole. Studiando però il modello computerizzato della torre nuragica di Barumini, risulta che, se uno si mette al centro del pozzo di cui si è detto, vede la finestrella isolata presente in un lato della torre nuragica (negli altri lati le finestrelle sono due) e un raggio va esattamente a colpire la cima della collina di Barumini. Ma naturalmente bisogna che ricorrano delle condizioni particolari…. Insomma non si possono riassumere in poche righe le dimostrazioni che potrebbero occupare le pagine di un libro. Aspettiamo a questo traguardo
l’ing. Ranieri. La relazione dell’arch. Arecchi L’architetto Arecchi ha sottolineato che i nuraghi rappresentano le applicazioni più perfezionate, dai punti di vista strutturale e tipologico, di quella forma costruttiva che si chiama “tholos”, ossia “falsa cupola”, perché è costituita da serie concentriche di anelli, formati da blocchi di pietra, su pianta circolare, ciascuno dei quali sporge “in aggetto” rispetto al precedente, in modo tale che il vano si restringe gradualmente verso l’alto, sino a risultarne coperto. Un altro termine, in uso in altre regioni d’Italia (nelle Murge pugliesi), è quello di “trullo”, improprio però, perché deriva da un termine greco che indica letteralmente “la cupola”. La “falsa” cupola (o la “falsa” volta a botte, che si ritrova per esempio
in gallerie a corridoio, come nell’Antro della Sibilla Cumana, in Campania) si distingue
dalle costruzioni ad arco e a volta perché la disposizione di ciascun corso è orizzontale (mentre
nella cupola e nella volta i conci sono progressivamente sempre più inclinati, dal basso verso l’alto) e non presenta una spinta orizzontale sull’appoggio, al suo piede.
Le costruzioni a “tholos” sono diffuse su un’area che abbraccia l’intero Mediterraneo e raggiunge le Isole Britanniche… ma l’unico esempio “esotico”, che si possa paragonare per perfezione ai nuraghi sardi, è il “tempio ellittico” della Grande Zimbabwe, nell’Africa Australe, con la sua grande torre conica, alta più di 10
metri e priva di aperture laterali.

Ma la costruzione di questo “tempio ellittico” si fa risalire, generalmente, ad anni prossimi al 1200 d.C., mentre i nuraghi sardi sono in gran parte anteriori al 1200 a.C…. La costruzione dei nuraghi più
antichi, come il nucleo centrale di Barumini, è anteriore al 1500 a.C. Un altro monumento, veramente unico, il santuario di Monte d’Accoddi, non lontano da Sassari, che è stato definito come l’unica “ziqqurat” del Mediterraneo occidentale (la ziqqurat era un tempio piramidale, a gradoni, tipico della cultura dell’antica Mesopotamia), sembra risalire a prima del 3000 a.C.

Una serie di studi fanno ritenere all’arch. Arecchi che sino al 1200 a.C. le civiltà del Mediterraneo occidentale fossero ben distinte (e anzi, fisicamente separate) da quelle del Mediterraneo orientale, e che lo sviluppo economico e culturale dell’area occidentale gravitasse sul centro della “mitica” Atlantide descritta da Platone. In quest’orbita si potrebbero inquadrare le “misteriose” culture ciclopiche e megalitiche che costruirono grandi edifici dalle isole britanniche alla penisola iberica, sino all’Italia centrale e all’isola di Malta… e forse mantennero rapporti culturali con gli autoctoni nuragici che vivevano in Sardegna (quale
nome poteva avere allora l’isola?). Solo intorno al 1200 a.C., invece, secondo l’arch. Arecchi,
dobbiamo collocare l’arrivo degli Sherden-Shardana, che con gli altri popoli del mare colonizzarono diverse sponde del Mediterraneo orientale e occidentale, dopo un tentativo d’insediarsi nel delta del Nilo, respinto dal faraone Ramses III.

Essi diedero all’isola il nome attuale e fecero vivere ancora a lungo la tradizione nuragica: una
serie di punti di riferimento che – come i campanili dei borghi medievali – “triangolava” e marcava
il territorio, rendendo possibile il riconoscimento a distanza dei percorsi, la comunicazione ottica
da un punto all’altro, l’osservazione delle stelle… tutto ciò che può servire a un popolo per appropriarsi del territorio e salvaguardarlo.

Fonte :Messaggero

PARLIAMO DELLA SARDEGNA
a cura di Manlio Brigaglia
DICEMBRE 2002
ARCHEOLOGIA / Un convegno organizzato dal circolo “Logudoro”

 

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2 Comments

  1. Angelo Saba Angelo Saba 31 Ottobre 2020

    Possibile utilizzare foto o testi?

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